La vita comprende linee di forza, seppur in continuo mutamento, struttura della vita stessa. La libertà non è banalmente fare quello che si vuole, ma potersi muovere in risonanza con questa struttura fluida e armonica, come in una danza. Vale lo stesso per la meditazione che osserva queste forze e allo stesso tempo ne fa parte.
Meditare non è nemmeno una tecnica, ma un'arte. Dell'arte quindi ha il rischio, l'improvvisazione, lo studio e la dimenticanza dello studio, la dedizione, la leggera e misurata follia, la precarietà, la vocazione, l'invasione nella vita quotidiana, la spellatura. Noi conosciamo nei riflessi e nelle bucce, sbucciandoci. Chandra Candiani da 'Il silenzio è cosa viva'
Forse il modo più semplice è osservare, portare l'attenzione verso qualcosa, senza voler definire quello che stiamo osservando.
Possiamo osservare il respiro, le sensazioni del corpo, i pensieri.
Possiamo osservare il nostro essere, il nostro senso del sé, l'"io sono".
O immergerci ora nella consapevolezza del momento presente, l'unico tempo che esiste.
Fare spazio a quello che arriva attimo dopo attimo è come essere qui, un cielo vasto che accoglie le nuvole che passano.
E' necessario quindi mantenere accesa la fiamma dell'attenzione. Quando si abbassa basta accorgersene, senza giudizio. Un continuo alimentarla, tenerla viva. Attenzione implica concentrazione, ma non c'è atteggiamento più lontano dalla meditazione di quello di spremersi le meningi. Perché non serve questo tipo di sforzo ma quello di mantenersi aperti a quello che emerge. E questo accogliere è amare. Accogliere quello che c'è, accogliere quello che arriva. Un'osservazione amorevole, come un genitore che osserva con amore incondizionato il figlio, in una similitudine tra la forma di cura della meditazione e quella della psicoterapia.
Essere vivi comporta sensazioni piacevoli e spiacevoli. Avere bramosia verso le une e avversione verso le altre ci allontana dal vivere il momento presente così com'è, quindi dalla realtà e dalla possibilità di essere felici con quello che c'è. Prendersi cura è scegliere di aprirsi a tutto questo, seguire il bello e il piacere senza inseguirlo, perché amare è bello e piacevole. Anche nel più grande dolore c'è il piacere di respirare, di avere un corpo, di esistere. Nell'amore c'è l'accettazione della sofferenza necessaria perché questo bello possa manifestarsi.
Non esiste una tecnica ideale. Le tecniche possono essere mischiate, alternate, sperimentate. Può emergere qualcosa di personale e creativo, probabilmente destinato a cambiare, come noi cambiamo. Ci sono momenti in cui può essere necessario un certo tipo di sforzo che preveda una certa disciplina, altri in cui può essere utile arrendersi con dolcezza alla comodità. É questione di equilibrio.
La postura del cuore è: io sono qui, aperta a qualsiasi cosa sorga e mi visiti, sono radicata a terra, sento il suo sostegno, e insieme mi alzo verso il cielo, nello spazio, li cucio. Il respiro è il mio alleato, mi fa stare qui in questo momento che fugge, nel presente che non è un tempo, sono seduta come un gatto, pronto a lanciarsi nel mondo se necessario. Sono seduta per conoscere, non per fuggire in un mondo solo interno, in un oltre. Sono seduta perchè tutto brucia di illusione e di incantamento e ora so che non voglio più essere incantata, che voglio svegliarmi. Sono seduta e seguo umilmente e con pazienza il respiro perchè so che pensare non dà soluzioni, solo aggiunge nuove narrazioni all'autonarrazione e la narrazione non è la vita. La voce dell'autonarrazione non è la nostra, è convenzionale, antenata, è strategia di sopravvivenza. La postura è esporsi all'essere. Dunque, sedersi in meditazione, accogliere in silenzio il respiro, conoscere senza pensare, è un gesto politico. Ha una portata collettiva indelebile, mi trasforma e con me trasforma tutto il mondo attraverso il cambiamento del mio atteggiamento verso ogni fenomeno con cui entro in contatto, non solo mentre medito, la meditazione formale non è che una palestra, un laboratorio, ma sempre e ovunque, nella vita quotidiana, che è l'unica che c'è. Chandra Candiani da 'Il silenzio è cosa viva'